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Via della Rocca, 16, Genazzano, RM
Valutazione:
Imperdibile!!!
Prezzo a persona:
15.75 €
Servizio utilizzato:
ristorante
Commenti:
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Tag assegnati:

carolingio

ha visitato il locale il 01/01/2012 carolingio avatar
327 Recensioni scritte dal 21/12/2009 7640 Punti


Dentro i ruderi della rocca dei Colonna, costruita attorno all’anno mille sul poggio roccioso di Castel S. Pietro Romano è stato realizzato un singolare presepio “a misura d’uomo”, cioè con le statue grandi come le persone, e ognuna di queste a fare il suo mestiere. Vicino a casa mia, a Pedemonte, il presepio è vivente, cioè con tutte le persone in costume e c’è perfino il Bambin Gesù che è un bambino vero, in carne ed ossa. Qui di vero ci sono solo due pecore, che belano dalla fame (quando ho cominciato a belare anch’io, mi sono corse incontro...emoticon ) Poi c’è anche un improbabile Dean Martin che, dagli altoparlanti, bela Astro del ciel in ammerigàno... emoticon.

Dopo questa visita in notturna, seguita da quella delle stradine, con i vecchi palazzi patrizi, le antiche luci gialle e le gradonate di pietra di Palestrina, ci dirigiamo a Genazzano (anche questo paese con una rocca dei Colonna in cima al colle), nell’unico posto che abbiamo trovato aperto la sera del primo dell’anno.
Benedetta fu questa penuria.

Terremoto prende il nome dal primo proprietario della fine 800, che era una personcina un po’ agitata. I suoi discendenti, per quattro generazioni, hanno proseguito l’attività di ristorazione in questo locale situato sotto la rocca, in fondo a delle suggestive scalette in pietra.
In cucina, ho sbirciato, si danno da fare due signore anziane (e questa cosa già mi piace).

All’ingresso troneggia un cartello riquadrato con all’interno una frase che invita tutti a “non rubare”. Si sa... lo sanno tutti... ma ogni tanto non è male ripeterlo.

Veniamo sistemati in una sala con una grande veranda ad archi e tanto legno (da pochi soldi), con ancora gli addobbi appesi dell’ultimo dell’anno, addobbi sgargianti, rossi e luccicanti, un po’ pacchiani a dir il vero... in effetti la sala non brilla per gusto e raffinatezza, sotto le tovaglie gialle ci sono le cerate di plastica a quadratini bianchi ed azzurri... le sedie sono di paglia, dignitose, ma la mia è spaiata, sempre impagliata, ma diversa dalle altre... ‘n tocco de glasse... emoticon emoticon

La clientela è tutta rigorosamente romana, lo sento dalla parlantina, quasi tutta gente giovane e con pochi soldi, come schematizzo dalle facce e dai vestiti che indossano.
Il cesso (perché de “cesso” se dratta), è, diciamo, andante... utile per l’occorrenza e niente più.
Il menu con i prezzi è esposto solo all’ingresso: il cameriere te lo riassume a voce, con parecchie aggiunte e alcune cose tolte, tanto velocemente che mi sembra un’altra lingua... ciò... pian, che son mezo forestiero...

Da bere, dapprima ordiniamo (con qualche incertezza, perché non lo conoscevo) un Genazzano della Cantina Sociale locale. Però, all’assaggio è un po’ troppo asprigno e poco corposo per i miei gusti... Allora lo faccio portar via (gentilissimi, non hanno fatto na piega) e opto quindi per una bottiglia di Cesanese di Olevano Romano, chiamato “Corte alla luna”, dell’Azienda Agricola Proietti, annata 2008, con indicati 13,5 gradi. Adesso ci siamo, profumato e robusto, un ottimo vino.
Assieme, un’acqua gasata S.Benedetto da litro.

In tavola un cesto di pane tipo toscano non salato (che poi è anche tipo romano), tagliato a fette.
D’improvviso sento una musica crescente che ho sentito ancora... ma sì... mi sembra proprio l’Internazionale... arriva dal cellulare di un ragazzo, che con altri due sta mangiando nel tavolo vicino. Una conferma, se occorreva, dell’ambiente mooolto proletario.

Breve attesa e arrivano i nostri due primi: sarebbero due MEZZE porzioni de gnocchi “a coa de sòrica”. Si tratta di una pasta molto simile a quella mangiata ad Orvieto (acqua e farina), anche se molto più morbida, condita con un sugo straordinario di pomodoro cotto con la carne, che poi però viene tolta (ne rimangono poche tracce). Abbondante pecorino e abbondanti anche le due mezze porzioni che in realtà sono una porzione normale a testa e anche larghina. Buonissimi, cottura perfetta, sugo ottimo e particolare.
Degli gnocchi non hanno nulla e coa de sòrica vuol dire coda di topo.

Di secondo, io mi faccio portare coratella d’abbacchio, mentre mia moglie ordina un coniglio alla cacciatora. Come contorno prendiamo un piatto di carciofi alla romana.
La coratella è semplicemente eccezionale: cuore, polmoni e fegatini d’agnello stufati con la cipolla e il vino, come una specie di brasatino... una favola, tenerezza totale, un piattazzo pieno.
Il coniglio della Marta è ugualmente favoloso, carne di qualità, mi sembra di sentirlo dal gusto e dalla tenerezza: spruzzato con l’aceto, che è stato fatto evaporare (ma si sente ancora) e arrostito poi con aglio, olio e peperoncino. Ci siamo scambiati i piatti... mmmm... che delizia!
E pure li carciofi erano stra-buoni, saltati in tegame co a mentuccia, tenerissimi e saporitissimi, che roba!

I due camerieri che si alternavano erano molto alla buona, ruspanti, ma nello stesso tempo discreti ed efficienti. Tempi perfetti, anche se il locale era pieno, ma tavoli larghi, si stava benissimo.
Alla fine uno dei due camerieri ci fa: “Cosa ve bossso offrì...?”
“C’est à dire?” gli rispondo io in francese... emoticon “... li dorcetti, gaffè, limoncello, amaro e grappa... o dutto?” prosegue lui...
“Grazie... caffè niente, liquori mejo de no perché dopo devo guidàr... proviamo li dorcetti... “
Arriva poco dopo un piatto con una ciambellona all’anice (e liquirizia forse) buonissima, una crostata di visciole, o qualcosa di simile, altrettanto buona e fatta in casa in modo evidente.

Dopo un’ora e un quarto decretiamo chiusa questa full immersion, piacevole esperienza nella cultura culinaria (e non) popolare della provincia romana e andiamo a pagare.
Le sorprese non sono ancora finite... totale 31,50 euro... !!! con un’unica cosa fuori dal coro, per eccesso, cioè il piatto di carciofi, che abbiamo pagato 7,00 euro (è pur vero che i carciofi son cari anche dal fruttivendolo), mentre invece... coperto niente, dolce ovviamente niente, caffè e liquorini sarebbero stati niente, madechè... due primi 2,50 euro l’uno, due secondi 6 euro l’uno, bottiglia di Cesanese 6 euro, bottiglia da litro d’acqua 1,50 euro...
Ma vieeeni! Ma vaaaaai! Ma dove siamo capitati?
Per la sua categoria, STRE-PI-TO-SO! Complimenti.



Imperdibile!!!

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[johnnybazoo]
04/01/2012
In questo posticino potrei fare un pasto completo anche io con i miei buoni pasto da ben 5.29 euro, diventa solo un pò difficoltoso tornare dalla pausa pranzo per le 13:30 emoticon
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[Gerry]
04/01/2012
Sempre più difficile "catalogare". Direi che il locale è poco "proletario", considerando che la categoria fa riferimento a chi ha, nel patrimonio fondamentale, la sola "prole".
Oggi, in occidente, chi può permettersi quel tipo di patrimonio, a rigor di logica e di bilancio famigliare, è chi dispone, anche, di altro patrimonio o, perlomeno, di un reddito garantito (e significativamente proporzionale alla prole).
Per cui, nell'Italia di oggi, proletario e povero, proletario e comunista (l'internazionale) non sono più sinonimi: sono figli, scusa il bisticcio, di un altro secolo!
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[carolingio]
04/01/2012
@johnny: ma come? non hai l'elicottero per tornare al lavoro? emoticon

@Gerry: sì, catalogare è sempre difficile... facevo un discorso un po' di superficie, schematizzando, anche se la "prole" non mancava tra i giovani presenti... c'erano un paio di coppie con bambino piccolo...emoticon
Però, anche se l'etimologia che hai citato tu è giusta, nell'accezione comune, proletario non è chi ha la prole, ma chi non ha tanti soldi... Questo è un locale per chi ha pochi soldi da spendere e vuole passare una serata a mangiar bene.

Proletario e comunista non sono certamente sinonimi, non lo sono mai stati, perchè molti proletari (gente con pochi soldi) non sono comunisti, e molti comunisti (cioè chi dovrebbe avere un ideale di uguaglianza, seppur a prezzo di rivoluzione... e quindi di sangue e morti...) non sono affatto poveri...
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[Gerry]
05/01/2012
Anch'io mi son fermato in superficie.
Volevo solamente sottolineare come "società e lingua" si modifichino non sempre con la medesima intensità.
Le parole come "proletario" e "popolare" hanno rappresentato bene, con poche contraddizioni, un pezzo della società per quasi un secolo (il secolo breve, tra l'altro). Ora non è più così.
La lingua ha, probabilmente, un andamento lento, generazionale.
La tecnologia, le dinamiche socioeconomiche sono rappresentate da curve iperboliche che diventano sempre più difficilmente "raccontabili".
Mi fermo qui. Rischierei di andare lontano, soprattutto lontano da qui: fuori luogo!